Prima lettera ai Tessalonicesi 5:1-28

5  Per quanto riguarda i tempi e i periodi,* fratelli, non avete bisogno che vi si scriva.  Voi stessi sapete molto bene, infatti, che il giorno di Geova+ verrà proprio come un ladro di notte.+  Quando diranno: “Pace e sicurezza!”, allora si abbatterà su di loro un’improvvisa distruzione,+ come le doglie colgono una donna incinta; e non potranno sfuggire in alcun modo.  Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che il giorno vi colga di sorpresa come sorprenderebbe dei ladri;  infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno.+ Noi non apparteniamo né alla notte né alle tenebre.+  Non dormiamo dunque come gli altri,+ ma restiamo svegli+ e sobri.+  Chi dorme, infatti, dorme di notte, e chi si ubriaca è ubriaco di notte.+  Ma noi che apparteniamo al giorno manteniamoci sobri e indossiamo la corazza della fede e dell’amore e per elmo la speranza della salvezza,+  perché Dio non ci ha scelto per farci subire l’ira, ma per farci ottenere la salvezza+ per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo. 10  Lui è morto per noi+ affinché, sia che restiamo svegli o che dormiamo, viviamo insieme a lui.+ 11  Perciò continuate a incoraggiarvi e a edificarvi a vicenda,+ come state già facendo. 12  Ora, fratelli, vi preghiamo di mostrare rispetto a quelli che faticano in mezzo a voi, vi guidano nel Signore e vi ammoniscono; 13  abbiate di loro la massima stima e amateli a motivo della loro opera.+ Siate pacifici gli uni con gli altri.+ 14  D’altra parte, fratelli, vi esortiamo ad ammonire i disordinati,+ a confortare chi è depresso,+ a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti.+ 15  Badate che nessuno renda male per male a qualcun altro;+ anzi cercate sempre il bene gli uni degli altri e di tutti.+ 16  Siate sempre allegri.+ 17  Pregate di continuo.+ 18  Rendete grazie per ogni cosa;+ questa è la volontà di Dio per voi in Cristo Gesù. 19  Non spegnete il fuoco dello spirito.+ 20  Non disprezzate le profezie.+ 21  Verificate ogni cosa+ e attenetevi a ciò che è eccellente. 22  Astenetevi da ogni tipo di malvagità.+ 23  Lo stesso Dio della pace vi santifichi completamente. Possano il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo essere preservati integri e irreprensibili per la presenza del nostro Signore Gesù Cristo.+ 24  Colui che vi chiama è fedele, e certamente farà tutto questo. 25  Fratelli, continuate a pregare per noi.+ 26  Salutate tutti i fratelli con un santo bacio. 27  Vi chiedo solennemente nel nome del Signore che questa lettera venga letta a tutti i fratelli.+ 28  L’immeritata bontà del nostro Signore Gesù Cristo sia con voi.

Note in calce

O “stagioni”.

Approfondimenti

i tempi o i periodi In questo versetto si fa accenno a due fattori temporali. Il termine greco chrònos (che qui compare al plurale ed è reso tempi) potrebbe riferirsi a un periodo di tempo imprecisato, lungo o corto che sia. Il termine greco kairòs (in altri casi reso “tempo stabilito”, “tempo fissato”; qui compare al plurale ed è reso periodi) viene spesso usato in riferimento a periodi di tempo futuri nell’ambito di ciò che Dio ha disposto o della sua tabella di marcia, soprattutto in relazione alla presenza di Cristo e al suo Regno (At 3:19; 1Ts 5:1; vedi approfondimenti a Mr 1:15; Lu 21:24).

i tempi e i periodi Vedi approfondimento ad At 1:7.

il giorno di Geova Nelle Scritture questa espressione si riferisce sempre a occasioni particolari in cui Geova Dio esegue il giudizio sui suoi nemici e glorifica il suo grande nome. Si tratta di un’espressione che affonda le sue radici nelle Scritture Ebraiche. (Alcuni esempi si trovano in Isa 13:6; Ez 7:19; Gle 1:15; Am 5:18; Abd 15; Sof 1:14; Zac 14:1; Mal 4:5.) Il profeta Gioele parlò del “grande e tremendo giorno di Geova” in Gle 2:31, passo citato da Pietro alla Pentecoste del 33 E.V. (At 2:20 e approfondimento). Nel primo adempimento della profezia di Gioele, quel “giorno di Geova” arrivò su Gerusalemme nel 70 E.V. Qui in 1Ts 5:2 Paolo parla di un futuro giorno di Geova che coincide con la “grande tribolazione” predetta da Gesù in Mt 24:21. (Per maggiori informazioni sull’uso del nome divino in questo versetto, vedi App. C3 introduzione; 1Ts 5:2.)

come un ladro di notte Solitamente un ladro colpisce di notte, in modo repentino e inaspettato (Gb 24:14; Ger 49:9; Mt 24:43). Similmente il giorno di Geova arriverà all’improvviso, cogliendo le persone di sorpresa (2Pt 3:10; Ri 16:15). Seguendo il consiglio delle Scritture, i cristiani fedeli vivono nell’attesa di quel giorno (Lu 12:39; Ri 3:3). Per quanto anche loro potrebbero rimanere sorpresi dal modo repentino in cui inizierà (Mt 24:42-44; Lu 12:40), non saranno colti alla sprovvista (1Ts 5:4).

Geova Nell’originale ebraico di Gle 2:31, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.)

si abbatterà su di loro un’improvvisa distruzione Qui Paolo indica che tra la proclamazione di “pace e sicurezza” e la distruzione che piomberà su coloro che la pronunceranno non passerà molto tempo, o addirittura non ne passerà affatto. La distruzione sarà istantanea e ineluttabile. Il testo greco trasmette questo concetto con due termini: il primo è un aggettivo reso “improvvisa”, il secondo è un verbo che ha in sé il senso di repentinità ed è reso “abbattersi”. Una combinazione di termini simile a questa compare in Lu 21:34, dove viene menzionata la venuta del giorno di Geova.

come le doglie colgono una donna incinta Le doglie vengono all’improvviso e non è possibile conoscerne in anticipo con esattezza il giorno e l’ora. Comunque, la metafora usata da Paolo sottolinea la repentinità e l’inevitabilità della distruzione futura. Una volta che comincia il travaglio, la donna sa che si è innescata una catena di eventi che non si può più fermare. (Confronta approfondimento a Mt 24:8.)

non potranno sfuggire in alcun modo Nell’originale, insieme al verbo “sfuggire”, Paolo usa due avverbi negativi (lett. “non non”) per enfatizzare il fatto che per i malvagi sarà impossibile evitare l’“improvvisa distruzione” che si abbatterà istantaneamente su di loro.

grandi sofferenze La parola greca originale letteralmente si riferisce ai dolori intensi che si provano durante il parto. Qui però sta a indicare difficoltà e sofferenze in generale; potrebbe anche suggerire che, nel periodo precedente la grande tribolazione menzionata in Mt 24:21, le difficoltà e le sofferenze predette aumenteranno via via in frequenza, intensità e durata, proprio come nel caso delle doglie letterali.

vi colga di sorpresa come sorprenderebbe dei ladri In 1Ts 5:2 Paolo paragona il giorno di Geova a un ladro che arriva all’improvviso, del tutto inaspettatamente. Qui, invece, a quanto pare cambia metafora e paragona il giorno di Geova all’alba, che con la sua luce rende ben visibile l’attività di ladri che rubano nelle case con il favore delle tenebre (Gb 24:14; Gv 3:20). Questi potrebbero essere così assorti in quello che stanno facendo da essere colti di sorpresa dalla luce del mattino. A differenza dei ladri, i veri cristiani devono essere “figli della luce”, che non appartengono “né alla notte né alle tenebre” (1Ts 5:5). I paragoni che Paolo fa, sia nel v. 2 che qui nel v. 4, mettono in evidenza quanto sia importante che i cristiani rimangano spiritualmente vigili.

come sorprenderebbe dei ladri Vari antichi manoscritti greci usano come soggetto della frase il sostantivo singolare per “ladro”, dando l’idea che sia il ladro a sorprendere qualcun altro. Comunque nei manoscritti disponibili è ben attestata anche la lezione che ha “ladri” come oggetto della frase, dando invece l’idea che siano i ladri quelli a essere sorpresi. Quest’ultima lezione, che è quella adottata nel testo principale, sarebbe in armonia con il contesto, dove Paolo dice: “Non siete nelle tenebre, [...] siete tutti figli della luce e figli del giorno” (1Ts 5:4, 5). In entrambi i casi, l’idea trasmessa è che i cristiani non dovrebbero essere presi alla sprovvista dall’arrivo del giorno di Geova.

dormiamo Nella Bibbia il verbo greco qui reso “dormire” spesso si riferisce al sonno in senso letterale (Mt 8:24; Mr 4:38; 1Ts 5:7). Questo verbo però poteva anche essere usato in senso metaforico a proposito di una persona apatica (o indifferente) e che non sta all’erta. In genere chi dorme non è consapevole di quello che succede intorno a lui e non si rende conto del passare del tempo. Allo stesso modo, chi dorme in senso spirituale non coglie la portata di alcuni sviluppi legati al proposito di Geova né l’imminenza del suo giorno. Qui Paolo avverte i cristiani di non dormire “come gli altri”, pensando che il giorno di giudizio di Dio sia lontano (2Pt 3:10-12).

restiamo [...] sobri Il verbo greco qui reso “restare sobri” compare anche in 1Ts 5:8 (“manteniamoci sobri”), 2Tm 4:5 (“mantieniti assennato”), 1Pt 1:13 (“siate [...] assennati”), 4:7 (“siate [...] sempre pronti”) e 5:8 (“mantenetevi assennati”).

la corazza della fede e dell’amore In questo versetto Paolo associa due pezzi dell’armatura, cioè la corazza e l’elmo, a tre importanti qualità cristiane, cioè la fede, l’amore e la speranza. (Vedi l’approfondimento per elmo la speranza della salvezza in questo versetto e l’approfondimento a 1Ts 1:3.) Proprio come la corazza proteggeva il cuore del soldato, fede e amore proteggono il cuore simbolico del cristiano. Per mettere in risalto il ruolo fondamentale di queste qualità nella vita dei cristiani, Paolo le paragona all’equipaggiamento indossato da chi rischia la vita sul campo di battaglia. In Ef 6:14 usa la corazza per rappresentare la qualità della “giustizia”.

per elmo la speranza della salvezza Proprio come l’elmo proteggeva la testa del soldato, la speranza della salvezza protegge la mente del cristiano. Paolo menziona questo elmo simbolico, come pure “la corazza della fede e dell’amore”, quando parla dell’importanza di rimanere spiritualmente svegli (1Ts 5:6, 7). Il cristiano che lo indossa ha “lo sguardo fisso sulla ricompensa”, come Mosè (Eb 11:26). Se mantiene forte la speranza della salvezza, resterà spiritualmente sveglio. (Vedi approfondimento a Ef 6:17.)

l’elmo della salvezza L’elmo del soldato romano proteggeva la testa, il viso e la nuca. Paolo usa l’immagine dell’elmo come simbolo della speranza che il cristiano nutre nella salvezza divina (1Ts 5:8). Come l’elmo protegge la testa, così la speranza della salvezza protegge la mente del cristiano, le sue facoltà mentali. Satana promuove in modo subdolo caratteristiche nocive come egoismo, odio e slealtà. Concentrandosi sulla speranza che ha, ovvero indossando simbolicamente la speranza come fosse un elmo, il cristiano respinge qualunque cosa possa influire negativamente sul suo modo di pensare (Mr 7:20-22; 2Co 4:4; Ri 12:9). Satana fomenta anche la persecuzione diretta, ma la speranza della salvezza permette al cristiano di mantenere la gioia persino in circostanze estreme (Isa 12:2; Mt 5:11, 12). Nelle Scritture Ebraiche, di Geova viene detto metaforicamente che indossa la salvezza, o vittoria, come fosse un elmo (Isa 59:17; nt.). Lui infatti tiene sempre bene a mente l’obiettivo di salvare il suo popolo e ottenere la vittoria (Ger 29:11).

l’opera che svolgete mossi dalla fede, gli sforzi che fate spinti dall’amore e la perseveranza che mostrate grazie alla vostra speranza Parlando dei cristiani di Tessalonica, Paolo associa la loro opera alla fede, i loro sforzi all’amore e la loro perseveranza alla speranza. Erano infatti queste qualità che li spingevano a impegnarsi strenuamente e a perseverare nel servire Dio. Più e più volte la Bibbia mette in relazione lo zelo mostrato nel servire Dio con la fede, l’amore e la speranza (1Co 13:13; Gal 5:5, 6; Col 1:4, 5; 1Ts 5:8; Eb 6:10-12; 10:22-24; 1Pt 1:21, 22).

dormiamo O “dormiamo nella morte”. Il verbo greco reso “dormire” è qui usato in relazione allo stato in cui si trovano i morti (Mt 9:24; Mr 5:39 e approfondimento; Lu 8:52). Evidentemente, quindi, Paolo parla del dormire in riferimento alla condizione di chi è morto e dell’essere svegli in riferimento alla condizione di chi è vivo.

non è morta, ma dorme Nella Bibbia la morte è spesso paragonata al sonno (Sl 13:3; Gv 11:11-14; At 7:60; 1Co 7:39; 15:51; 1Ts 4:13). Gesù stava per riportare in vita la ragazzina, quindi potrebbe aver fatto questa affermazione perché stava per dimostrare che, come chi dorme profondamente può essere svegliato, chi è morto può essere riportato in vita. Il potere di Gesù di risuscitare la ragazzina proveniva da suo Padre, colui “che fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come se fossero” (Ro 4:17).

continuate a incoraggiarvi O “continuate a confortarvi”, come viene reso lo stesso verbo greco in 1Ts 4:18. (Vedi approfondimento a Ro 12:8.)

incoraggia O “esorta”. Il verbo usato qui (parakalèo) significa letteralmente “chiamare a sé”. Ha un significato ampio e viene usato nel senso di “incoraggiare” (At 11:23; 14:22; 15:32; 1Ts 5:11; Eb 10:25), “confortare” (2Co 1:4; 2:7; 7:6; 2Ts 2:17) e in alcuni contesti “esortare” (At 2:40; Ro 15:30; 1Co 1:10; Flp 4:2; 1Ts 5:14; 2Tm 4:2; Tit 1:9, nt.). Lo stretto rapporto che c’è tra esortazione, conforto e incoraggiamento indica che un cristiano non dovrebbe mai esortare o consigliare qualcuno in modo duro o aspro.

vi guidano O “vi dirigono”, “vi presiedono”. Il verbo greco qui usato (proìstemi) significa letteralmente “stare davanti” e può contenere l’idea di dirigere, guidare, presiedere, interessarsi degli altri e averne cura.

vi ammoniscono La parola greca usata qui (nouthetèo) è composta dal sostantivo per “mente” (noùs) e dal verbo reso “mettere” (tìthemi); potrebbe essere tradotta letteralmente “porre la mente a qualcosa”. Con lo stesso significato di “ammonire”, compare anche nel v. 14.

abbiate di loro la massima stima Questa espressione sottolinea l’affetto e il grande rispetto che i cristiani dovrebbero avere per “quelli che faticano” in mezzo a loro (1Ts 5:12). La parola greca tradotta “la massima” esprime un concetto forte ed è la combinazione di termini che significano “più”, “oltremodo” e “in maniera sovrabbondante”.

vi ammoniscono La parola greca usata qui (nouthetèo) è composta dal sostantivo per “mente” (noùs) e dal verbo reso “mettere” (tìthemi); potrebbe essere tradotta letteralmente “porre la mente a qualcosa”. Con lo stesso significato di “ammonire”, compare anche nel v. 14.

incoraggia e consola In greco sia il termine paràklesis (qui tradotto “incoraggia”) che il termine paramythìa (qui tradotto “consola”) trasmettono l’idea di incoraggiamento, ma il secondo denota un maggior grado di tenerezza e conforto. In Gv 11:19, 31 compare il verbo affine paramythèomai riferito ai giudei che andarono a consolare Maria e Marta per la morte del fratello Lazzaro. (Vedi anche 1Ts 5:14, dove lo stesso verbo è tradotto “confortare”.)

ammonire Vedi approfondimento a 1Ts 5:12.

i disordinati Il termine greco reso “disordinati” era spesso usato per riferirsi a quei soldati che uscivano dai ranghi o erano indisciplinati. Giuseppe Flavio, storico del I secolo, lo usò a proposito di truppe che “avanzarono in disordine” (Antichità giudaiche, XV, 150 [v, 4], a cura di L. Morandi, UTET, Torino, 2006). Nel greco parlato questo termine poteva indicare una persona pigra, oziosa, ma più spesso si riferiva a qualcuno che non sottostava alle norme comunemente accettate. Qui Paolo lo usa in senso lato per descrivere quelli che nella congregazione cristiana erano insubordinati e disubbidienti e che si allontanavano in maniera significativa dalle norme cristiane (1Ts 4:11; 2Ts 3:6).

confortare Il verbo greco originale (paramythèomai) compare anche in Gv 11:19, 31 in riferimento ai giudei che andarono a consolare Maria e Marta per la morte del fratello Lazzaro. Denota un notevole grado di tenerezza e conforto. (Vedi l’approfondimento a 1Co 14:3, dove un termine affine è reso “consola”.)

chi è depresso O “chi è scoraggiato”. Il termine greco usato qui (oligòpsychos) può essere letteralmente reso “quelli di poca anima”. Gli scrittori greci antichi ne usavano uno che aveva il significato opposto, “quelli di grande anima”, per riferirsi a chi era sicuro di sé e presuntuoso. A quanto pare, quindi, il termine utilizzato da Paolo ha in sé il senso di mancanza di autostima. Compare anche nella Settanta, dove traduce le parole ebraiche corrispondenti rese ‘ansioso’ e ‘afflitto’ (Isa 35:4; 54:6). Alcuni cristiani di Tessalonica forse erano scoraggiati a motivo della persecuzione o del dolore per la perdita di qualche fratello (1Ts 2:14; 4:13-18). Paolo esorta a confortare o consolare quelli che sono depressi, e non ad ammonirli. (Vedi l’approfondimento confortare in questo versetto.)

essere pazienti con tutti I termini greci che si riferiscono alla pazienza denotano la capacità di perseverare con calma e di non arrabbiarsi facilmente, caratteristica costantemente evidente nel modo in cui Geova e Gesù trattano con gli esseri umani (Ro 2:4; 9:22; 1Tm 1:16; 1Pt 3:20; 2Pt 3:9, 15; vedi approfondimento a Gal 5:22). Dato che imitano Geova e Gesù, anche i cristiani devono manifestare pazienza (1Co 11:1; Ef 5:1). Il verbo greco che compare in questo versetto ricorre due volte anche nella parabola di Gesù in cui due schiavi supplicano: “Abbi pazienza con me” (Mt 18:26, 29). Lo “schiavo malvagio” e spietato si rifiuta di essere paziente e misericordioso, a differenza del padrone, che Gesù usa per descrivere il suo Padre celeste (Mt 18:30-35). La parabola di Gesù e la presenza dello stesso verbo in 2Pt 3:9 fanno pensare che manifestare pazienza nei confronti degli altri include l’essere misericordiosi e pronti a perdonare.

pazienza O “longanimità”. Il termine greco makrothymìa alla lettera potrebbe essere reso “lunghezza di spirito” (Kingdom Interlinear); denota la capacità di perseverare con calma, di sopportare e di non arrabbiarsi facilmente. Geova Dio è il più grande esempio di pazienza (Ro 2:4; 9:22; 1Tm 1:16; 1Pt 3:20; 2Pt 3:9, 15). Paolo menziona la pazienza tra gli aspetti essenziali dell’amore cristiano (1Co 13:4; vedi App. A2).

Pregate di continuo Paolo non pretendeva che i tessalonicesi stessero a pregare ogni singolo istante. Li stava piuttosto incoraggiando ad avere l’atteggiamento riverente di chi è sempre pronto a ricercare la guida di Dio in preghiera, con la consapevolezza di dipendere da lui in tutti gli aspetti della vita (Pr 3:6). Paolo diede esortazioni simili in diverse delle sue lettere (Ro 12:12; Ef 6:18; Flp 4:6; Col 4:2).

Non spegnete il fuoco dello spirito Lett. “non spegnete lo spirito”. L’espressione “spegnere il fuoco” traduce un verbo greco che alla lettera significa “estinguere”, “spegnere”. In Mr 9:48 viene usato in riferimento a un fuoco simbolico e in Eb 11:34 a uno letterale. Qui Paolo lo utilizza in senso figurato a proposito dello “spirito” di Dio, ovvero la sua potenza in azione o forza attiva. Nei cristiani questo spirito può essere come un fuoco che li rende “ferventi” (lett. “bollenti”), dando loro la forza di parlare e agire in armonia con la volontà di Geova. (Vedi Ro 12:11 e approfondimento; vedi approfondimento ad At 18:25.) Un cristiano che pensasse e agisse assecondando la carne non terrebbe conto dello spirito di Dio; in pratica lo estinguerebbe, o lo spegnerebbe, nel proprio cuore (Gal 5:17; 1Ts 4:8).

Siate ferventi nello spirito Il termine greco reso “essere ferventi” significa letteralmente “bollire”. Qui è usato in senso metaforico per trasmettere l’idea di traboccare di zelo ed entusiasmo per effetto dell’influenza dello “spirito” (in greco pnèuma) di Dio, la sua forza attiva o potenza in azione. Questo spirito può spingere ad agire e dare energia a una persona così che si comporti in armonia con la volontà di Geova. (Vedi approfondimento a Mr 1:12.) Lo spirito santo di Dio rende “ferventi nello spirito” anche nel senso che influisce sullo spirito di una persona, cioè sulla forza che scaturisce dal suo cuore simbolico, riempiendola di zelo ed entusiasmo per ciò che è giusto. Anche se alcuni ritengono che l’espressione originale sia soltanto un’espressione idiomatica che trasmette l’idea di spirito volenteroso ed entusiastico, qui è da preferire l’idea che con “spirito” si intenda lo spirito santo di Dio. (Vedi l’App. A1, dove questa espressione greca viene citata tra gli esempi che illustrano alcuni princìpi di traduzione della Bibbia.)

fervente nello spirito Lett. “bollente nello spirito”. Il termine greco reso “fervente” significa letteralmente “bollire”, ma qui è usato in senso metaforico per trasmettere l’idea di traboccare di zelo ed entusiasmo. In questa espressione, il termine per “spirito” (pnèuma) si riferisce a quanto pare allo spirito santo di Dio, una forza che spinge ad agire e dà energia a una persona così che si comporti in armonia con la volontà di Geova. (Vedi approfondimento a Mr 1:12.) La parola “spirito” potrebbe però anche riferirsi a una forza che scaturisce dal cuore simbolico e spinge a dire e a fare le cose in un certo modo. In questo versetto l’espressione potrebbe racchiudere entrambe le idee, indicando quindi una persona che mostra zelo ed entusiasmo per ciò che è giusto mentre è guidata dallo spirito santo di Dio. Comunque, alcuni ritengono che in tale contesto questa sia soltanto un’espressione idiomatica che trasmette l’idea di spirito volenteroso ed entusiastico. Se così fosse, questo potrebbe spiegare perché Apollo era “fervente nello spirito” anche se non conosceva il battesimo nel nome di Gesù. In ogni caso era necessario che lo spirito di Dio guidasse lo spirito di Apollo perché quest’ultimo mostrasse entusiasmo per le cose giuste e avesse il desiderio di accettare insegnamenti più accurati. (Vedi Glossario, “spirito”.)

Non disprezzate le profezie Qui con “profezie” ci si riferisce a messaggi che provengono da Dio. (Vedi Glossario, “profezia”.) Disprezzare i messaggi di ispirazione divina significa considerarli privi di valore, ignorarli e respingerli con sdegno.

Verificate Il verbo greco usato qui dall’apostolo Paolo potrebbe anche essere reso “mettete alla prova”. Significa esaminare e osservare attentamente qualcosa per capire se è autentico. Veniva utilizzato in relazione all’esame a cui erano sottoposti i metalli preziosi per testarne la purezza. Paolo usa lo stesso verbo in Ro 12:2 (vedi approfondimento), dove è reso “accertarvi”.

Verificate ogni cosa Questa espressione indica che i cristiani devono verificare che “ogni cosa” che accettano a livello dottrinale sia in armonia con la volontà di Dio. (Confronta At 17:11.) Nel versetto precedente Paolo ha espressamente detto: “Non disprezzate le profezie”. Questo ammonimento lascia intendere che i cristiani di Tessalonica dovevano verificare che le profezie in cui riponevano fede provenissero veramente da Dio. Nel I secolo alcuni discepoli di Cristo avevano il dono della profezia (Ro 12:6; 1Co 14:1-3). Gesù però aveva predetto che sarebbero comparsi anche falsi profeti (Mt 24:11, 24; Mr 13:22). I cristiani quindi dovevano valutare chi era a trasmettere la profezia (Mt 7:16-20) e capire se il contenuto era in armonia con le Scritture ispirate. Quando Paolo scrisse ai tessalonicesi (intorno al 50), probabilmente di tutte le Scritture Greche Cristiane solo il Vangelo di Matteo era già stato messo per iscritto. Pertanto, per stabilire se una profezia o un insegnamento proveniva veramente da Dio, ci si doveva affidare a un attento studio delle Scritture Ebraiche.

accertarvi O “provare a voi stessi”. Il termine greco usato qui (dokimàzo) significa “testare”, “provare”, spesso con il senso positivo di “giudicare idoneo”, “approvare”. Alcune traduzioni lo rendono “discernere”, “conoscere per esperienza”. Paolo non incoraggia né la fede cieca né lo scetticismo. Esorta piuttosto i cristiani a testare, in senso positivo, le norme di Dio per comprenderle, seguirle e sperimentarne la bontà. I cristiani dimostrano così a sé stessi che compiere la “volontà di Dio” è la cosa buona e perfetta da fare.

il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo Il sincero interesse di Paolo per il benessere della congregazione cristiana del I secolo nel suo insieme si riflette nella preghiera accorata e sentita a favore dei fratelli di Tessalonica riportata nei vv. 23-24. Nel contesto i tre elementi da lui menzionati sono a quanto pare usati con questi significati: “spirito”, ovvero l’atteggiamento prevalente della congregazione (vedi approfondimenti a 1Co 5:5; Gal 6:18 e Glossario, “spirito”); “anima”, ovvero la vita, o l’esistenza stessa, della congregazione (vedi Glossario, “anima”); “corpo”, ovvero il gruppo dei cristiani unti che compongono la congregazione. (Confronta 1Co 12:12, 13.) Il sincero interesse di Paolo per la congregazione è evidente dalla richiesta che fa a Dio di santificarne “completamente” i suoi componenti e di preservarli “integri”.

la presenza del nostro Signore Gesù Cristo Vedi approfondimento a 1Ts 2:19.

presenza Nelle sue due lettere ai Tessalonicesi, Paolo menziona la presenza di Cristo sei volte; questa è la prima. (Vedi Glossario, “presenza”; vedi anche “Introduzione a 1 Tessalonicesi”.) Paolo attende con impazienza la presenza del Signore Gesù, e si rallegra all’idea che in quel tempo i suoi cari compagni di fede saranno ricompensati. Più avanti in questa lettera, prega perché siano trovati “irreprensibili nella santità davanti al nostro Dio e Padre al tempo della presenza del nostro Signore Gesù con tutti i suoi santi” (1Ts 3:13; vedi approfondimento a 1Co 15:23).

immeritata bontà Vedi Glossario.

con lo spirito che voi mostrate Lett. “con lo spirito di voi”. In questo contesto la parola “spirito” si riferisce a quella forza interiore o inclinazione mentale dominante che spinge una persona a dire o a fare le cose in un certo modo. Per esempio nelle Scritture si parla di “spirito quieto e mite” (1Pt 3:4) e di “spirito di mitezza” (Gal 6:1). In 2Tm 1:7 Paolo fa un contrasto tra “uno spirito di codardia” e uno “di potenza, di amore e di assennatezza”. Conclude poi la sua lettera a Timoteo dicendo: “Il Signore sia con lo spirito che tu mostri” (2Tm 4:22). Proprio come un singolo individuo, anche un gruppo di persone può manifestare un certo spirito. Qui nelle parole conclusive rivolte ai galati, così come in quelle ai filippesi, Paolo usa il plurale “voi” per esprimere il suo desiderio che nella congregazione tutti manifestino uno spirito conforme alla volontà di Dio e all’esempio lasciato da Cristo (Flp 4:23).

dovrete consegnare quell’uomo a Satana Questo comando equivaleva all’espulsione dalla congregazione, o disassociazione, di quell’uomo (1Co 5:13; 1Tm 1:20), che così diventava parte del mondo di cui Satana è dio e governante (1Gv 5:19). La conseguenza della sua espulsione era la distruzione della carne, cioè l’eliminazione dalla congregazione di ciò che la corrompeva. In questo modo lo spirito positivo della congregazione, o il suo atteggiamento prevalente, sarebbe stato preservato (2Tm 4:22).

con un santo bacio Vedi approfondimento a Ro 16:16.

con un santo bacio In quattro delle sue lettere Paolo invita i suoi compagni di fede a salutarsi “con un santo bacio” (qui e in 1Co 16:20; 2Co 13:12; 1Ts 5:26). L’apostolo Pietro usò un’espressione simile quando scrisse: “Salutatevi gli uni gli altri con un bacio fraterno” (1Pt 5:14). Nei tempi biblici il bacio era un segno di affetto, rispetto o pace. Era anche consuetudine dare un bacio per salutare qualcuno quando si arrivava o ci si accomiatava (Ru 1:14; Lu 7:45). Era comune che i parenti si baciassero, sia fra maschi e femmine (Gen 29:11; 31:28) che fra maschi (Gen 27:26, 27; 45:15; Eso 18:7; 2Sa 14:33). Il bacio era comune anche fra buoni amici (1Sa 20:41, 42; 2Sa 19:39; vedi approfondimenti ad At 20:37). Tra cristiani queste espressioni di affetto riflettevano la fratellanza e l’unità spirituale che accomunavano chi praticava la vera adorazione. Non erano un semplice formalismo o un rituale, e non avevano nulla di romantico o di erotico (Gv 13:34, 35).

Signore In contesti simili a questo, il titolo “Signore” potrebbe riferirsi sia a Geova Dio sia a Gesù Cristo. Quando il ripristino del nome divino non è supportato con chiarezza dal contesto o da richiami alle Scritture Ebraiche, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo ha mantenuto la resa “Signore” per non oltrepassare i limiti del traduttore. (Vedi App. C1.) È vero che qui alcune traduzioni delle Scritture Greche Cristiane in ebraico e in altre lingue usano il nome divino, ma alla luce del contesto il titolo “Signore” può benissimo riferirsi al Signore Gesù Cristo (1Ts 5:28).

immeritata bontà Vedi Glossario.

sia con voi Dopo queste parole, alcuni manoscritti aggiungono “Amen” a chiusura della lettera. Anche se alcune lettere di Paolo si concludono effettivamente con questo termine (Ro 16:27; Gal 6:18), i manoscritti disponibili non forniscono sufficienti ragioni per aggiungerlo qui.

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Scrivere lettere nel I secolo
Scrivere lettere nel I secolo

Nelle foto si vedono alcuni strumenti scrittori utilizzati nel I secolo. La penna poteva essere un pezzo di canna (come le canne che crescevano lungo il Nilo) appuntito a un’estremità. Di solito si usava dell’economico inchiostro nero tenuto in un calamaio. I supporti scrittori erano svariati, come tavolette di legno, frammenti di terracotta, pergamene o papiri. Se la lettera era lunga, solitamente la si scriveva su un rotolo di papiro; la parte di papiro avanzata veniva tagliata per essere riusata successivamente. Se la lettera era breve, si poteva acquistare un foglio che il venditore stesso tagliava da un rotolo. Le lettere erano perlopiù brevi. Quella che Paolo scrisse a Filemone, ad esempio, è considerata una lettera di media lunghezza. La maggior parte dei libri delle Scritture Greche Cristiane sono lettere, che i discepoli di Gesù scrissero ispirati da Dio.