Seconda lettera ai Tessalonicesi 1:1-12

1  Paolo, Silvano e Timòteo+ alla congregazione dei tessalonicesi, unita a Dio nostro Padre e al Signore Gesù Cristo.  Possiate avere immeritata bontà e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.  Non possiamo fare a meno di ringraziare sempre Dio per voi, fratelli. È giusto da parte nostra, perché la vostra fede cresce straordinariamente e l’amore che ognuno di voi ha per gli altri non fa che aumentare.+  Perciò parliamo di voi con orgoglio+ alle congregazioni di Dio a motivo della perseveranza e della fede che dimostrate in tutte le persecuzioni e difficoltà che state sopportando.+  Questa è una prova del giusto giudizio di Dio, che vi permette di essere ritenuti degni del Regno di Dio, per il quale in effetti soffrite.+  Ciò comporta che è giusto da parte di Dio ripagare con la tribolazione quelli che vi causano tribolazione.+  Ma a voi che subite tribolazione sarà dato sollievo insieme a noi alla rivelazione del Signore Gesù+ dal cielo con i suoi potenti angeli+  in un fuoco fiammeggiante, quando farà vendetta su coloro che non conoscono Dio+ e su coloro che non ubbidiscono alla buona notizia riguardo al nostro Signore Gesù.+  Questi subiranno la pena della distruzione eterna,+ lontano dalla presenza del Signore e dalla sua gloriosa forza. 10  Ciò accadrà quando lui verrà per essere glorificato insieme ai suoi santi e per essere, in quel giorno, oggetto di ammirazione fra tutti quelli che hanno esercitato fede; e in effetti voi avete riposto fede nella nostra testimonianza.+ 11  A questo scopo preghiamo sempre per voi, affinché il nostro Dio vi ritenga degni della sua chiamata+ e con la sua potenza porti a compimento tutto il bene che desidera e ogni opera della vostra fede, 12  in modo che il nome del nostro Signore Gesù possa essere glorificato in voi e voi uniti a lui, secondo l’immeritata bontà del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.

Note in calce

Approfondimenti

Prima lettera ai Corinti A quanto pare intestazioni come questa non facevano parte del testo originale. Antichi manoscritti dimostrano che furono introdotte successivamente, senza dubbio per identificare con facilità le varie lettere. Il codice papiraceo noto come P46 attesta che i copisti avevano l’abitudine di identificare i libri biblici con un titolo. Questo codice, spesso datato intorno al 200, è la più antica collezione disponibile delle lettere di Paolo. Ne contiene nove. All’inizio della prima lettera ispirata che Paolo scrisse ai corinti, questo codice contiene il titolo Pròs Korìnthious A (“Verso [o “A”] Corinti 1”). (Vedi Galleria multimediale, “Prima lettera di Paolo ai Corinti”.) Altri antichi manoscritti, come il codice Vaticano e il codice Sinaitico, datati entrambi al IV secolo, contengono lo stesso titolo, che compare sia all’inizio che alla fine della lettera.

Seconda lettera ai Tessalonicesi A quanto pare intestazioni come questa non facevano parte del testo originale. Antichi manoscritti dimostrano che furono introdotte successivamente, senza dubbio per identificare con più facilità i vari libri. (Vedi approfondimento a 1Co titolo.)

Silvano Vedi approfondimento a 2Co 1:19.

alla congregazione dei tessalonicesi Come nel caso della prima, Paolo indirizza anche questa seconda lettera a tutti i componenti della congregazione di Tessalonica. Questo la rende diversa sia dalle lettere a Timoteo e a Tito, che infatti erano rivolte a questi due anziani in particolare, sia da quella ai Filippesi, in cui si menzionano in modo specifico i sorveglianti e i servitori di ministero della congregazione locale (Flp 1:1).

Silvano Questo fratello viene menzionato da Paolo anche in 1Ts 1:1 e 2Ts 1:1, e da Pietro in 1Pt 5:12. Nel libro degli Atti viene chiamato Sila. Stando al resoconto di Luca, Silvano era un profeta, un componente di spicco della congregazione cristiana di Gerusalemme del I secolo e uno dei fratelli che accompagnarono Paolo nel suo secondo viaggio missionario. Sembra avesse la cittadinanza romana, il che spiegherebbe la ragione per cui in questo versetto compare il suo nome romano (At 15:22, 27, 40; 16:19, 37; 17:14; 18:5).

immeritata bontà Vedi Glossario.

cresce straordinariamente All’inizio della sua prima lettera, Paolo aveva menzionato la fede e l’amore dei tessalonicesi (1Ts 1:3). Ora li loda perché queste qualità sono cresciute in loro abbondantemente. Per dare enfasi a questa crescita ricorre al verbo hyperauxàno. Si tratta di un verbo composto dalla parola hypèr, che significa “oltre”, e dal verbo auxàno, usato spesso riguardo alla crescita delle piante (Mt 6:28; Lu 13:19; confronta Ef 3:20, dove il prefisso hypèr- è stato reso con “molto più”). L’espressione “cresce straordinariamente” potrebbe quindi essere tradotta “cresce oltremisura”.

difficoltà O “tribolazioni”. (Vedi approfondimento a 2Co 1:4.)

prove O “difficoltà”, “tribolazioni”. Il termine greco qui usato si riferisce fondamentalmente agli affanni o alle sofferenze provocate dalla pressione delle circostanze. È spesso usato in riferimento alle sofferenze causate dalla persecuzione (Mt 24:9; At 11:19; 20:23; 2Co 1:8; Eb 10:33; Ri 1:9). Potrebbe includere prigionia e morte a motivo della propria integrità (Ri 2:10). Comunque prove di vario genere e grado possono derivare anche da carestie (At 7:11, dove il termine greco è reso “tribolazione”), da povertà e avversità comuni a orfani e vedove (Gc 1:27, dove il termine greco è reso “sofferenze”), e persino da matrimonio e vita familiare (1Co 7:28, dove il termine greco è reso “difficoltà”).

rivelazione Lett. “scoprimento”, “svelamento”. Qui compare il termine greco apokàlypsis in riferimento al Signore Gesù, il quale si rivelerà quale Re e Giudice investito del potere di ricompensare e punire. Quando ci sarà questa sua “rivelazione”, Gesù ricompenserà i suoi fedeli discepoli, che hanno subìto la tribolazione, e punirà gli empi.

che conoscano te O “imparino a conoscerti”, “continuino ad acquistare conoscenza di te”. Il verbo originale (ginòsko) ha il significato fondamentale di “conoscere”. Questo verbo è qui usato al presente, tempo verbale che in greco contiene in sé l’idea di un’azione durativa. Potrebbe includere il concetto di uno sforzo continuo da parte di chi vuole conoscere sempre più a fondo qualcuno che già conosce. In questo contesto indica il processo durante il quale l’amicizia con Dio diventa via via più intima grazie a una conoscenza di lui e di Cristo sempre più profonda e a una fiducia sempre più forte. Ovviamente questo implica più che semplicemente sapere chi sia una certa persona o conoscerne il nome; comporta che se ne conoscano le norme e i valori, le cose che ama e le cose che odia (1Gv 2:3; 4:8).

in un fuoco fiammeggiante Le Scritture spesso si riferiscono al fuoco in senso figurato, come in questo versetto. Nei tempi biblici, si ricorreva al fuoco come strumento di completa distruzione (De 13:16; Gsè 6:24). Gesù a volte usò metaforicamente il concetto del fuoco per indicare la totale distruzione dei malvagi (Mt 13:40-42, 49, 50; confronta Isa 66:15, 24; Mt 25:41).

vendetta Qui il riferimento è alla vendetta e al giudizio divini. Paolo dice che “è giusto da parte di Dio ripagare con la tribolazione quelli che [...] causano tribolazione” ai cristiani (2Ts 1:6). Il termine greco usato qui, ekdìkesis, è composto da ek (“da”, “fuori”) e dìkesis (“giustizia”); ha il senso di giustizia fatta, raggiunta. In altri passi è stato reso “giustizia” o “fare giustizia” (Lu 18:7, 8; 21:22 e approfondimento). La Bibbia mostra che è Dio in ultima analisi colui che ha la responsabilità della “vendetta” con cui sarà fatta vera giustizia (De 32:35, 43; Sl 94:1; Ro 12:19; Eb 10:30). Per eseguire la vendetta menzionata qui da Paolo, Dio ha designato il Signore Gesù Cristo quale principale Giustiziere.

coloro che non conoscono Dio Paolo si riferisce a chi volutamente decide di non stringere un legame con Geova e non vuole diventare suo amico. Quelli che “conoscono Dio”, dal canto loro, non si limitano ad ammettere la sua esistenza e a conoscerlo in maniera superficiale. Fanno dei passi concreti per stringere un’amicizia intima con lui; sanno quello che gli piace e quello che non gli piace; lo amano e seguono le sue norme nella loro vita (1Gv 2:3, 4; 4:8). Chi impara a conoscerlo davvero ha l’onore di essere “conosciuto da lui” (1Co 8:3), gode cioè della sua approvazione. (Vedi approfondimenti a Gv 17:3; Gal 4:9.)

buona notizia riguardo al nostro Signore Gesù L’espressione comprende tutto quello che Gesù insegnò e che è riportato nella Parola di Dio. Questa buona notizia è la base sulla quale verrà giudicata l’intera umanità. Coloro che la accettano e ubbidiscono otterranno la salvezza; “coloro che non ubbidiscono alla buona notizia” causeranno la loro stessa distruzione.

avete conosciuto Dio Molti dei cristiani della Galazia avevano “conosciuto Dio” grazie al ministero di Paolo. Il verbo greco in questo versetto reso “avete conosciuto” e “siete stati conosciuti” lascia intendere che c’è un buon rapporto fra le persone coinvolte (1Co 8:3; 2Tm 2:19). Quindi conoscere Dio non è solo questione di avere nozioni basilari su di lui. Implica che si coltivi con lui un’amicizia. (Vedi approfondimento a Gv 17:3.)

giorni per fare giustizia O “giorni di vendetta”, in riferimento alla vendetta e al giudizio divini. In un’occasione precedente, nella sinagoga di Nazaret, Gesù aveva citato parte di una profezia di Isaia e l’aveva applicata a sé stesso; secondo la narrazione, però, non aveva citato il punto relativo al “giorno della vendetta del nostro Dio” (Isa 61:1, 2; Lu 4:16-21). In questa occasione, invece, Gesù proclamò i “giorni di vendetta”, predicendo che Gerusalemme sarebbe stata accerchiata da eserciti accampati. La vendetta di Dio era inclusa in ciò che è scritto nelle Scritture Ebraiche. Il termine greco qui reso “fare giustizia” o “vendetta” ricorre nella Settanta in De 32:35, Ger 46:10 (26:10, LXX) e Os 9:7. In questi passi i corrispondenti termini ebraici sono resi “vendetta” o “resa dei conti”.

anzi, ora che siete stati conosciuti da Dio Queste parole di Paolo indicano che per poter conoscere Dio una persona deve anche essere approvata da lui. Secondo un lessico, il verbo greco per “conoscere” ed “essere conosciuto” descrive “un rapporto personale con qualcuno di cui si conosce l’identità o si riconosce il valore”. Per poter essere conosciuti da Dio in questo senso, bisogna far sì che il proprio comportamento sia in armonia con la sua personalità, con le sue indicazioni e con il suo modo di agire.

distruzione eterna La Bibbia indica che ad alcuni verrà inflitta la distruzione eterna. Ad esempio, Gesù disse che chi bestemmia contro lo spirito santo “è colpevole di peccato eterno” e non verrà perdonato, “no, né in questo sistema di cose né in quello futuro” (Mr 3:28, 29; Mt 12:32). Tra queste persone rientrerebbe Giuda, che Gesù definì “il figlio della distruzione” (Gv 17:12 e approfondimento). Il premeditato tradimento del Figlio di Dio significò per Giuda la distruzione eterna. Paolo qui spiega che “coloro che [per scelta] non conoscono Dio e [...] non ubbidiscono alla buona notizia riguardo al nostro Signore Gesù” (2Ts 1:8) subiranno la “distruzione eterna”.

lontano dalla presenza del Signore Lett. “da[lla] faccia del Signore”. Le parole di 2Ts 1:9, sebbene possano richiamare quanto espresso in Isa 2:10, 19, 21, non sono una citazione diretta dalle Scritture Ebraiche. Qui il titolo “Signore” potrebbe riferirsi sia a Geova Dio sia a Gesù. In un caso come questo, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo ha mantenuto la resa “Signore” per non oltrepassare i limiti del traduttore. (Vedi App. C1; confronta approfondimento a Ro 10:12.)

Signore L’identità di colui che in questo versetto è chiamato “Signore” (Kỳrios) non può essere stabilita con certezza dal contesto. Anche i biblisti non sono concordi nel dire se Paolo con “Signore” intendesse Gesù Cristo o Geova. Ro 10:9 si riferisce chiaramente a Gesù Cristo chiamandolo “Signore”, e anche la citazione di Isa 28:16 che si trova in Ro 10:11 è riferita a lui. Quindi se il “Signore” di Ro 10:12 è da collegarsi direttamente al “lui” di Ro 10:11, allora il “Signore” a cui si fa riferimento è Gesù Cristo. D’altra parte, in Ro 10:9 si parla di esercitare fede con il cuore nel fatto che “Dio lo ha risuscitato dai morti”. Inoltre Ro 10:13, citazione di Gle 2:32, dice: “Chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato”. Quindi se il “Signore” di Ro 10:12 è lo stesso di quello di Ro 10:13, allora si tratta di Geova Dio. Il concetto sarebbe pertanto lo stesso di quello espresso in Ro 3:29: esiste un solo Dio al di sopra degli ebrei e dei non ebrei. Questo è un esempio di come il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo abbia esaminato il contesto di ogni occorrenza del termine Kỳrios per determinare dove ripristinare il nome divino. Se il ripristino del nome divino non è supportato con chiarezza dal contesto o da richiami alle Scritture Ebraiche, il comitato ha mantenuto la resa “Signore” per non oltrepassare i limiti del traduttore sconfinando nel campo dell’interpretazione del testo. (Vedi App. C1.)

figlio della distruzione In questo contesto l’espressione si riferisce a Giuda Iscariota, il quale, tradendo premeditatamente il Figlio di Dio, si rese meritevole di distruzione eterna, indegno di essere risuscitato. La stessa espressione compare in 2Ts 2:3 riferita all’“uomo dell’illegalità”. Nelle lingue originali in cui fu scritta la Bibbia, a volte l’espressione “figlio di” è usata in senso metaforico per indicare qualcuno che segue una certa linea di condotta o manifesta certe caratteristiche. Ecco alcuni esempi: “figli dell’Altissimo”, “figli della luce e figli del giorno”, “figli del Regno”, “figli del Malvagio”, “figlio del Diavolo” e “figli della disubbidienza” (Lu 6:35; 1Ts 5:5; Mt 13:38; At 13:10; Ef 2:2). L’espressione “figlio di” può anche essere usata in riferimento al giudizio o al risultato a cui porta una certa linea di condotta o una certa caratteristica. In 2Sa 12:5 l’espressione tradotta “merita di morire” significa alla lettera “figlio della morte”. Nel testo originale di Mt 23:15, per indicare che qualcuno merita la distruzione eterna, si usa l’espressione “figlio di Geenna”, che sembra essere proprio ciò che Gesù intendeva quando chiamò Giuda Iscariota “figlio della distruzione”. (Vedi approfondimento a Mt 23:15 e Glossario, “Geenna”.)

immeritata bontà Vedi Glossario.

Galleria multimediale

Introduzione video al libro di 2 Tessalonicesi
Introduzione video al libro di 2 Tessalonicesi